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      Presto dunque, fuori questo quarto canino, e poi Te Deum! Stan qui tutti bene tanto su quanto giù, e salutando te e Barbara dan molti baciozzi alla pupa, uniti a quelli del tuoAff.mo Papà
     
      Vorrei che dal Papà mi cadesse l'accento, e poi ti creerei cardinale.
     
      LETTERA 577.
      A CRISTINA BELLI - FRASCATIDi Roma, mercoledì 13 settembre 1854
      ore 10 antimeridianeFiglia mia cara
      Mi pare d'esser diventato un Canonico, o un Beneficiato, o un Mansionario qualunque. Ad ora fissa, e quasi ai rintocchi d'una campana, gittatomi addosso in fretta il rocchetto e imbracciata la pelliccia, entro in presbiterio, mi seggo sullo stallo, e principio la quotidiana salmodia tanto per zelo interiore quanto per evitare le puntature. Il Rev. Ab. Ciro però non segue le stesse ore canoniche, e comincia a cantar dopo Nona, dovendo egli per tutto il mattino uficiare in altre Collegiate e con altri Capitoli, sì veramente purtuttavia che poi a Vespro e a Compieta son tutti gli obblighi soddisfatti.
      Cristina mia, io avevo principiato questa lettera da buffone in riscontro alla tua di ieri mattina ore 2, in cui nulla era che dar ci potesse fastidio. Ma in questo preciso momento sopraggiunse l'altra di ieri sera ore 8, la quale mi ha subito messo di pessimo umore. Sei in letto con febbre! Ah questi repentini squilibri di temperatura! Non essendo Ciro in casa ho aperto io la tua ultima lettera, giacché due tue spedizioni in un medesimo giorno non mi parean cosa di buono augurio. Sventuratamente non mi sono ingannato, e sono così stato io il primo a ingoiare l'amarissima pillola. Adesso conto i minuti del tempo che manca al ritorno di Ciro, che prima delle 2 non suole quasi mai rivenire, dovendo egli saltar sempre da Erode a Pilato. Se il tuo male è, come dici e ti credo, un leggiero reuma, non ti agitare; ma quel tuo non poter sudare è veramente una fatalità! Sta' tranquilla su tutti noi, i quali non siamo che afflitti della tua infermità. Ti abbraccio e benedico di vero cuore.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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