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      La lettera di Ciro, molto laconica per angustia certamente di tempo, non mi dice se tu poi avesti lo strutto di cui già ti parlai. Me lo dirà al suo ritorno, il quale mi piace insieme e mi dispiace, perché io vorrei, se si potesse, ch'egli stesse sempre con te. Ma come si fa?
      Circa dunque alla tua famiglia, quando nella giornata del sabato santo io vidi l'ora d'impostar la mia lettera di quello stesso giorno 7, num.o 13, suggellai e spedii Nina alla posta col mio foglio mancante d'ogni saluto ed augurio de' tuoi parenti per te. Nella serata poi mandai su a Sigismondo quattro parolette scritte con salsa di aceto, peperone, senape e sale, ma senza vocaboli direttamente ingiuriosi a nessuno degl'individui della famiglia. Ne ho meco pel bisogno una copia. Dopo una mezz'oretta eccoti Barbara tutta in commozione. Si parlò a lungo... insomma è cambiata scena, e adesso mi si mostrano anche soverchie premure, e ne sono gratissimo alle tue sorelle dalle quali mi vengono. I maschi non gli ho veduti, ma li visiterò oggi io medesimo. Mi dissero esse che l'altro ieri (il giorno di Pasqua) tuo zio ti scrisse per la posta. Io risposi loro che nelle domeniche, e peggio poi nella domenica di Pasqua, la posta non manda corrieri non solo a Fiumicino ma neppure ad alcun altro luogo del mondo. Il foglio dunque di Sigismondo ti giungerà contemporaneamente con questa mia.
      Ti saluta Maggiorani che mi visitò ieri vicino alla sera. La sua Rosa non è ancor libera dalle febbri, ed egli con suo sommo rammarico vede che tal malattia gli scompone per varii riflessi tutto il vagheggiato progetto di mandare a Fiumicino la sua povera Marietta.
      Pasqua non è più venuta, per la malattia della Nenna. Intanto Nina ed io ci troviamo in qualche momento un po imbarazzati per concentrarci nelle cose e nelle ore.
      In questi tre giorni di buon tempo (compreso l'oggi) io vado un po' uscendo di casa: cammino con pena ma pure vado.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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