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      Questa mia brama non vi sembri stolta,
      Di guarirvi da un mal che non avete;
      Oppur la fantasia v'ha parte molta.
     
      Via ser Lippo, mangiate e beete:
      E tanto oggi io vi mando per augurio:
      Che abbiate sempre fame e sempre sete.
     
      Gnaffe, così parlando io non vi ingiurio,
      Ma v'offro d'amicizia un testimonioDall'ombra del mio povero tugurio
     
      Come già ve l'offrii pel matrimonio.
     
      G. G. Belli
     
      LETTERA 603.
      A CIRO BELLI - FRASCATIDi Roma, martedì 7 agosto 1855
      ore 10 1/2 antimeridiane
     
      Ciro mio caro, mia buona Chiara, mio amato Gigi: a tutti e tre salute e non apostolica benedizione, perché io non sono un apostolo.
      Puntualissimamente avemmo la lettera direttaci col mezzo del cortesissimo Sig. Sneider, che ce la fece avere jeri a sera di buon'ora.
      Grata ci riesce la notizia del tamarindo a cui pare che la nostra Teresa vada riamicandosi.
      El zor Carluccio ha le veglie e i riposi di periodo; direm così, terzanario. Ieri non volle mai dormire, ma fece sempre un'altra funzione: ché se la madre avesse avute mille mammelle come Cibele, gliele avrebbe l'amico asciugate tutte. Nella scorsa nottata però, usiamogli giustizia, è stato sufficientemente tranquillo. Oggi, fino ad ora, fa il tamburino, e presta attenzione alla campana di Bonifazio. Se nel resto della giornata prosegue così, i suoi riposi, almeno i diurni, assumeranno l'indole di quartenarii. Egli sta bene, e piglia l'aria di un bel fratozzo.
      Di Cristina nulla di nuovo. Mi auguro che Melata venga prima del chiudersi la presente per così darvi conto del di lui oracolo. Se no, cari miei, vi conviene pazientare sino a dimani. Del resto Cristina non si risente di alcun sintomo che possa inspirarci altri timori. Vorremmo però che la faccenda si risolvesse un po' presto.
      Alessandro Spada si cavò sangue, e nella giornata di ieri se ne trovò meglio. Oggi non ne sappiamo ancor nulla.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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