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      Madre natura a trarci di un sol ventrePoi che ci trasse d'una sola idea?
     
      Darci due madri e insiem due padri, mentreCi diè un egual cervello e un cuore eguale!
      Non par che oprasse in ciò contra sua scentre?
     
      Non dico che qual'io siate voi tale,
      Siccome usciti d'una stessa formaVendonsi un San Pasquale e un San Pasquale.
     
      Foste voi fatto con diversa normaE se entrambi fuggiamo sulla neve
      Un bravo sbirro ci discerne all'orma.
     
      Voi la date più lunga ed io più breve,
      Perché più voi traverso e più pesanteEd io 'n vece più maghero e più lieve.
     
      Se vi metteste a Diogene avantePiù voi nel doglio lì torreste lume
      Però che appetto a me siete un gigante.
     
      Diversi ci mostriam pur nel costumeO culto della barba e dei capelli,
      Che in me paiono setole e in voi piume.
     
      Insomma, voi lo Spada, io sono il Belli:
      Qual meraviglia dunque se fra amiciCorra una varietà ch'è tra fratelli?
     
      Ma in quanto a sensi ed a morali ufficiPossiam dirci due frutti d'una pianta,
      Possiam dirci una pianta in due radici.
     
      E per questo fra noi corsa è pur tantaPratica, intrinsichezza ed armonia
      Già da ben anni due oltre i cinquanta.
     
      Voi date passo a qualche pecca mia,
      Io porto in pace qualche pecca vostra,
      E sì ci vogliam bene e tiriam via.
     
      Che se del cuor dalla più cupa chiostraCi vien fuori talor broncio o puntiglio,
      Non ne corriamo a duellarci in giostra.
     
      Oggi poi non v'è più manco un cipiglioDal dì che, al sacro fonte, in su le braccia
      Levar voleste il figlio di mio figlio.
     
      Sciacquastevi quel giorno e mani e facciaE insiem vestiste un giubboncello nuovo
      Per far la vostra ladra figuraccia:
     
      Buona cautela ch'io, Ser Cecco, approvo,
      Come laudo quell'altra dello averePria tutto il Credo ristudiato ab ovo;
     
      Perché la fede non è già un mestiereDa esercitarlo a sguisa o ad occhio e croce
      Come fanno il magnano e il carpentiere.
     
      Io so, sor Cecco mio, quanto vi cuoce


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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