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      Se ne trova per tutto a carrette, da innalzarne coi soli frantumi un secondo monte Testaccio con sotto le sue brave grotte piene di vino falsificato. E quando anche venisser meno tutti i dittonghi artificiali, non resterebbervi forse sempre tanti e tanti altri dittonghi semoventi, cioè tantissime migliaia di uomini, veri e pretti dittonghi del genere-umano? E tu venirmi fuori senza un dittongo, senza almeno uno! Fa' che nol sappiano Monsignor Capalti e l'Avvocato Ricci, due latinisti per la vita, perché se lo scoprono li veda in gran rischio di trasecolare, cioè di uscir dal seculum e senza dittongo, che a modo di uncino ve li trattenga pel lembo della zimarra. - Mi sono sfogato.
     
      [segue]Giovedì 11 ottobre 1855 (alle ore 9 antimeridiane)
      Mio carissimo Ciro
      Col sangue rinfrescato dopo la terribile arrabbiatura presami ieri sera con Cristina per lo scandalo dei dittonghi, ti accuso ricevimento della tua letterina, che mi giunse dopo le due ore di notte, tantoché noi qui già credevamo che il vetturino se la fosse riportata a Frascati per farti avere le tue notizie fresche-fresche di giornata.
      Mi ha trafitto lo sbaglio degli auguri pel compleannos di Teresa. Ci fosse almeno un rimedio!... Eh, qui non c'è altro che dimandar mille scuse alla Signorina dell'averle io rubato una giornata, e datole così un anno di soli 364 giorni. Lo so, uno me n'è restato in saccoccia; e per tal modo al terzo anno della povera Teresa è venuta ad accadere la disgrazia che spesso tocca ai cartocci di quadrinacci. In questo momento però la somma è già stata reintegrata, ed io con più coraggio rinnovo gli augurii alla nostra cara Madamusella. Fra giorni tocca a Carlo pel complemenses.
      Ieri alle 4 pomeridiane venne Cagnoni col tuo cumquìbus. Lo ricevetti io il tuo cumquìbus, dicendo al Cagnoni che tu desti martedì a sera una corsa a Frascati per istar ieri colla tua famiglia e tornare a Roma questa mattina.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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