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      Ciò io debbo attribuire ad una lunga malattia sofferta da mia moglie lungo la mia dimora in Perugia, malattia (da cui neppur'oggi è ben libera) la quale mi ha saputo sempre celare così bene, che né il continuo suo carteggio, mantenuto da lei regolare con mille sforzi sulla natura, né altro indizio qualunque poté mai farmi sospettare.
      In questo lungo intervallo, malato anche un'individuo nella mia servitù, chi sa come siano andate le cose dentro il mio studio! Ripetetemi dunque, se così vi piace, le dimande che mi dite avermi fatte in quella lettera che ignoro dove possa essersi cacciata.
      Veramente io non era al giorno della morte di vostra suocera, cosicché mi dolgo oggi di questa disgrazia.
      Ringrazio la vostra Matildina della memoria che conserva di me, e della infantile pazienza che mostra nell'intertenersi in colloquia con un pezzo di carta imbrattata dalla inutile immagine di un assente che varrebbe meglio obliare.
      Lasciai Ciro a Perugia il 12 Ottobre, ma mi trattenni quindi per circa un mese a Terni, dove molte brighe noiose tuttora mi durano. Ciro sta bene, cresce, fiorisce, e credo poter dire che si distingue. Vedremo un giorno quale uomo sarà.
      Non ho mai saputo essere in Roma la Signora Tomassini, né l'ho veduta ne' pochi giorni trascorsi dal mio ritorno.
      Salutatemi Pirro, e ditegli che riguardo alle carte vostre patrimoniali ho seguito le sue istruzioni, mettendomi d'accordo con M.r Piccolomini, e presentando la opportuna memoria all'Uditor Illustrissimo. Ne saprete poi l'esito allorché sarà accaduto.


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Lettere a Cencia
Volume Primo e Secondo
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 246

   





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