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      Di Roma 5 maggio 1838
      Carissima Amica,
      Prima di riscontrare la vostra 15 aprile ho voluto fare qualche passo pel vostro raccomandato. La inefficacia de' miei mezzi mi dà sufficientemente a conoscere non esser cosa nella quale io possa riuscire.
      In simili richieste il cui successo va sempre in ragione inversa della concorrenza, abbisognano impegni forti e potenti, e credito certo e immediato del raccomandatore. Io manco di rapporti; e così la mia nullità come il genere di solitaria vita che sempre seguii mi lasciano ora nella solitudine dalla quale non volli prima uscirne per elezione. Né la mia età, né lo stato dell'animo né le interne brighe patrimoniali sono elementi favorevoli a una mutazione di sistema. Giunto l'uomo a un certo punto del viver suo nulla può più intraprendere di veramente nuovo: gliene manca il tempo, l'ardire e il vigore, e quando anche raccogliendo un avanzo di forze si lanciasse in un tentativo non avvalorato da speranze, presto la vecchia natura lo ritrarrebbe alle prime abitudini spossato dallo sforzo imprudente. Belli dunque è morto, e se ancora non si può dire ciò con materiale verità, la vita ch'egli conduce somiglia il vegetare al buio di quelle pianticelle di frumento destinate nella Settimana Santa ad ornare i Sepolcri.
      La lettera che mi annuciate avermi scritta nel passato marzo non mi è sicuramente pervenuta. Gli ultimi vostri caratteri anteriori a quelli del 15 aprile, furono del 4 febbraio, e a questi io risposi il 24 dello stesso febbraio. Mi dite che nella lettera di marzo mi parlavate a lungo de' Vostri affari colla defunta Marchesa Volumnia, ma ciò fu materia della lettera di febbraio.


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Lettere a Cencia
Volume Primo e Secondo
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 246

   





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