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      Lo so in questa odierna mia opinione noi due non andiamo d'accordo. Voi amaste sempre il forte, il virile (o almeno ciò che ne avesse apparenza) anche nel vostro sesso, ed anche in voi stessa, benché andasse a scapito più delle molli attrative per le quali voi donne potete soltanto cattivare durevolmente i cuori degli uomini, e farvi gioia del creato. Su questo io vi scrissi a lungo allorché per giovanile fantasia mi chiedeste modula [sic] di una supplica con cui volevate celiando chiedere una nomina di carabiniere-a-cavallo al fu colonnello Liberati. Io nol giudicai bel vezzo in un'amabile signorina quale eravate. Né amo io gli uomini effeminati. Vorrei vedere più armi e men pelo, né un fuggir nelle botti con in capo un cappello avvilito da due svergognate parole. Non servirà che io le ricordi: il fumo de' sigari non può averle assopite nella memoria italiana.
      E Matilde neppur mi saluta? Giuoca sempre a tombola? Faremo i conti tutti insieme.
     
      Il vostro Belli.
     
     * * *

     
      Alla Nobile e gentil Donna
      Sig.a Vincenza Perozzi, N.a M.sa Roberti
      Macerataper Morrovalle
      Di Roma, 27 Maggio 1840
      A.[mica] C.[arissima],
      Voi direte: Belli è morto. Non è morto, no, ma ben ferito. Lo sanno le mignatte e i vescicanti. Il mio dolor di capo, che in marzo erasi un poco alleggerito, ha sino dai primi giorni di aprile accresciuto i suoi furori, e sto sempre peggio. Nel Venerdì santo mi fu tratto sangue con quelle maledette bestie; poi sempre cure; ed oggi vi scrivo con un vescicante dietro al collo, il quale non fa altro che raddoppiarmi i tormenti.


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Lettere a Cencia
Volume Primo e Secondo
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 246

   





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