Se aveste mai qualche fiducia nella mia sincerità non è questo il motivo per ritogliermela. Io vi dissi il vero. Io non ho né la mente, né il tempo, né il consenso de' professori onde pensare a versi, e molto meno del genere di quelli a cui son rivolti i desiderii della vostra cara figliuola. Se un giorno mi sarà concesso di potermi inspirare fra la pace e l'amicizia della famiglia vostra, tenterò di risuscitare qualche scintilla di un fuoco già vicinissimo a spegnersi sotto il gelo delle sventure e degli anni. Per ora chi altri più di voi vorrebbe essermi indulgente? In uno degli scorsi mesi, mentre il mal di capo mi dava alquanto tregua, non potei dispensarmi dallo scrivete quì in Roma un componimentuccio. Ma che? Vi consumai quindici giorni e venne fuori un diavolo zoppo e colle stampelle: stento di gotta e ghiaccio polare. Dunque o non siete in collera, o facciamo la pace. Iustitia et pax osculatae sunt.
Mi chiedete cosa io pensi di vostro cognato. Mi pare un eccellente e stimabil giovane, d'ingegno pronto e di interessanti maniere. Eccovi la impressione che ho conservata di lui, e mi lusingo di non essermi ingannato malgrado del poco tempo del nostro contatto. Ditemi or voi come sta vostro suocero, la cui salute mi giova credere ristabilita.
Debbo lasciarvi: mi chiamano il vetturino, il passaporto, la valigia, il curiale e mille altri cancherini inseparabili dallo stato d'un pover'uomo che deve farsi tutto da sé. Mi ristora il pensiere di andare ad ascoltare i privati saggi che Ciro darà in filosofia e il pubblico esperimento di fisica e lingua greca.
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Roma Ciro
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