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      Macerataper Morrovalle
      Di Roma, 2 gennaio 1845
      G.[entilissima] A.[mica],
      Non vi rammaricate né vi offendete se così raramente io vi scrivo. Circa all'offendervene avreste forse anche ragione, ma in ciò io mi appello più alla vostra indulgenza che alla vostra giustizia, assicurandovi che da quando son caduto nell'afflizione del mio abbattimento cerebrale, il dispormi colla mente e colla mano alla penna mi costa uno sforzo indicibile. Né con voi sola osservo questo sistema di taciturnità, ma con tutti que' pochi ai quali io soleva una volta indirizzare il discorso mercè l'epistolare commercio. Posso dire, metà con vergogna, metà con dolore, che niuno vede più i miei caratteri se prima non li abbia provocati; e quel prima talvolta ben molto discosto dal poi. Deve ognun ormai persuadersi a riguardarmi uom nullo. Tale è il mio stato che sin dal 6 di novembre ho per impulso di medici dovuto ritirarmi dall'impiego e da qualunque genere di occupazione mentale. Passo ora le mie giornate nella beatitudine nell'ozio e dell'isolamento, che l'è un bel conforto da spiritare anche i cani, e farebbemi cacciar giù filatesse di bestemmie, se le bestemmie non fosser peccati. Pure dal 4 dicembre impoi non posso dirmi assolutamente solo, poiché mi fa compagnia una cara e fedele damina, che chiamasi tosse, che tratto-tratto vien anche meco a giacersi; e allora siamo in tre: essa, io, e un certo Signor Reuma-di-petto, il più giovialaccio compagnone del mondo. Oggi, per esempio, vi scrivo da canto al letto, donde escii ieri, per forse tornarvi dimani.


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Lettere a Cencia
Volume Primo e Secondo
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 246

   





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