Queste epigrafette sono arzigogoli di galanteria e non altro; ma la galanteria sarebbe ancor più graziosa se nel suo linguaggio si consigliasse almeno colla serva del senso comune.
Vi ho salutato Ciro che amichevolmente Vi corrisponde. Intanto, per vostra regola, sappiate che il corso di studi lo compirà alla fine di giugno, e sarà laureato alla fine di luglio. Finito quest'ultimo mese lo potrete chiamar Dottore quanto vi parrà e piacerà.
Mille saluti al buon Pirro, alla buona Matildina, e alle altre buone persone di vostra famiglia.
Scrivo cogli occhiali e collo zeppo. Dunque dubito pure se comprenderete appena che il carattere è del
Vostro vecchio amico senza lunarioG.G. Belli
P.S. - Ho da rispondervi a un'altra cosa. La mia giubilazione è stabile e non precaria. Non sarò più impiegato.
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Alla Onorevole e gentil Donna
Signora Vincenza Perozzi, N.a M.sa Roberti
FilottranoDi Roma, 11 aprile 1845
G.[entilissima] A.[mica],
Riscontro il vostro foglio del 6. Voi non avete alcuna colpa nella omissione degli auguri in prevenzione del mio giorno onomastico. In questo caso avrei mancato in circa alla posta di S. Vincenzo. Son minuzie da non tenerne alcun conto. Ringraziate in mio nome quel tal Signore per la gentilezza usatami di appellarsi a me stesso in cosa per la quale veggo in lui sufficiente capacità di giudicare da sé: aggiungendogli però non convenirmi il concessomi titolo di professore, giacché nulla io professo fuorché la fede e legge di Cristo, come dobbiamo far tutti.
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