Il quondam vostro amico e servitoreGiuseppe Gioachino di bona memoria
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Alla Onorevole e gentil Donna
Signora Vincenza Perozzi, N.a M.sa Roberti
FilottranoDi Roma, 30 ottobre 1846
G.[entilissima] A.[mica],
Questo riscontro alla vostra del 25, giuntami oggi, è da me diretto a Filottrano, perché tornandoci voi dopo i Santi, siccome mi avvisate, non vi troverebbe esso più a Morrovalle, qualora la mia lettera impiegasse tanti giorni in cammino quanti ne ha occupati la vostra. Il sonetto da voi compiegatomi, chiunque ne sia l'autore, fu da me conosciuto al cadere dell'anno 1844, e la sua lezione era allora quale ve la scrivo sullo stesso foglietto che vi rispingo. [sic] L'originale non si è trovato mai. Vi contenterete perciò di quello che vi mando, seppure non è peggiore dell'altro. Appena io ricordo i travagli che posso aver sofferti durante la malattia di Ciro, e senza che cerchi di ristararmene con altrettanta calma ed altrettanto riposo, secondoché voi amichevolmente mi esortate, me ne trovo oggi abbastanza risarcito dal solo fatto della guarigione dello stesso mio figlio. Circa alle mie intime relazioni maschili e muliebri (sottosegnando io quì le parole da voi sottosegnate), o Rita si è male espressa, o voi l'avete male compresa. Tranne la famiglia Cini, a cui sono amico da non più che otto anni, tutte le altre mie relazioni intime, che non oltrepassano il numero di tre, si sono invecchiate con me. Io non tratto che il Signor Francesco Spada, già compagno della mia fanciullezza, il Signor Domenico Biagini da me conosciuto nel 1811, e il Signor Avvocato Filippo Ricci mio amico sin dal 1812. Un solo di questi ha moglie, la cui gentile amicizia per me non può meritare lo epiteto di intima sottolineato, tanto più riflettendosi che io amo assai il marito e son vecchio, due circostanze da non perdersi di vista da chi mi conosce.
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