Quello che da qualche anno io conosco è seconda la lezione che troverete nella carta seguente. Neppur esso è nulla di buono. Quale de' due sia poi da dirsi l'originale io non saprei. Duolmi grandemente lo stato del povero Checco. Salutatemelo purtuttavia, e così i vostri.
Sono con perfetta stima
Vostro affezionatissimo amico e servitoreG.G. Belli
Li pensieri der monno
Er chirichetto, appena attunsuratoPensa a ordinasse prete, si ha cervello:
Er prete pensa a diventà prelato;
Er prelato, se sa, pensa ar cappello.
Er cardinale, si tu vôi sapello,
Pensa gnisempre d'arrivà ar papato;
E dar su' canto il papa, poverello!,
Pensa a gode la pacchia c'ha trovato.
Su l'esempio de quelle personcineGni giudice, impiegato, o militare,
Pensa a le su mesate e a le propine.
Chi pianta l'arbero pensa a li frutti.
Quà insomma, per ristrigneve l'affareOgnuno pensa a sé, Dio pensa a tutti.
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Alla Nobile e gentil Donna
Sig.a Vincenza Perozzi, N.a M.sa Roberti
Macerataper Morrovalle
Di Roma, 6 Marzo 1847
G.[entilissima] A.[mica],
Sembrerà che tardi risponda alla vostra del 27 febbraio, e non vorrei figurare tiepido e lento nell'unire il mio al vostro dolore per la perdita di un uomo che amai e che eravi giustamente sì caro. Ma il vostro foglio mi arrivò ieri verso la notte. Mi colpì quella notizia, e giunse a turbarmi il riposo, avendo io le fibre già disposte alla commozione per causa di una penosa malattia di reuma che da molti giorni mi travaglia stranamente. Povero Checco! Mi affligge la sua fine come quella di una persona che mi appartenesse.
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