Ed avete ragione: la sua vita che era oggimai? Un continuo tormento. Eppure, la morte non è il rimedio che noi cerchiamo ai patimenti di chi ci occupa il cuore. Quando questa arriva, benché prevenuta, quantunque in apparenza benefica, non cessa di comparirci in tutta l'orridezza della sua natura, e pare che ci abbia reciso un fiore quando ci porta via una pianta già quasi putrida o polverosa. Ah! lasciare o esser lasciati: ecco la sorte degli uomini. Ma il colmo della sventura è il restar solo sulla terra. Allora si invidia chi ci precedette, né il morto è il più disgraziato. Sono stato al punto di fare il terribile sperimento! Dio però nol volle; ché se lo avesse permesso, oggi non sarei più in grado di scrivervi e di rammaricarmi con voi. Salutatemi Pirro e Matilde.
Della Chichi nulla posso dirvi, e chi sa quando lo potrò con questi nostri belli tempi e con questa mia bella salute! Già, chi vedo più io? La mia stanza e i quadretti che vi stanno appesi d'attorno.
Mi gira il capo, e mi sforza a finire.
Sono sinceramente
Il vostro affezionatissimo servitore ed amicoG.G. Belli
P.S. - Ciro sta come un leone, e vi saluta.
* * *
Alla Nobile e Gentil Donna
Sig.a Vincenza Perozzi, N.a M.sa Roberti
Macerataper Morrovalle
Di Roma, 1° febb.o 1848
A.[mica] C.[arissima],
Il mio lungo silenzio verso la vostra del 29 dicembre non è frutto di pigrizia, benché ve n'entri anche di quella. Io sto sempre col reuma addosso, che in alcuni giorni mi toglie il potere di scrivere, e in altri me ne vieta la voglia.
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