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      Ebbi dal Molto Reverendo Padre Salvatore da Morrovalle la vostra lettera del 25 luglio; ma prima di riscontrarla io attendeva di aver reso una visita a quel Religioso, ciocché non è potuto accadere prima del recente sabato 13 per varii miei motivi, non tutti lieti, senza pur calcolarvi la difficoltà derivante dalla enorme differenza fra il mio diurno orario e quello de' Cappuccini. Vi ringrazio di questa conoscenza, convenientissima all'umor mio; e trovo il Suggetto più di mio genio che quel tale antico Maestrino di Loreto.
      Godo delle domestiche contentezze vostre e della vostra Matilde. Per me non va così. Il mio nipote, cioè il piccolo Giuseppe Gioachino, come lo nominate, era perfettamente risanato dalla sua coxalgia e correvami sempre attorno. Nel passato giugno morì per uno stravasamento di sangue al cervello. Portento di bellezza, di grazia, e d'ingegno, ha colla sua morte quasi ammazzato il Giuseppe Gioachino vecchio. In gennaio era già morta una delle sue sorelline gemelle. L'altra vive, ma nella diecina di questo mese accennò male ancor essa. Ora sta novamente bene, carnosetta e vivace. Vedremo!
      Che la Civiltà Cattolica abbia, come dite, cose di poco conto fra tante altre assai belle, assai buone, assai erudite, assai instruttive, non deve recar maraviglia, considerandola, quale è, opera non angelica ma umana. Dubitate poi scritto esso periodico sotto la influenza gesuitica? È anzi redatto da Gesuiti, e in apposita Officina esistente entro una delle Case della lor Compagnia.


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Lettere a Cencia
Volume Primo e Secondo
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 246

   





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