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      Sii felice dunque, o Cencia, e teco lo siano tua figlia e quanti altri ti son cari. - Io son nato dieci giorni prima: riguardo ai giorni dell'anno; ma circa poi gli anni, eh! ... pss! uh!... ma! Ah m'invecchio, m'invecchio! E che male c'è? Così deve andare. S'invecchieranno ancora
     
      Il figlio de li figli di mio figlio;
     
      siccome furono giovani tanti altri e lo fu pur egli
     
      Il genitor del genitor di babbo.
     
      Il disegno non lo consegnerò io: forse lo porterò io, ma non lo consegnerò io. E questo accadrà forse verso il 5 di Aprile, un po' prima o un po' dopo. - Quella Vostra carissima del 1° Agosto abbia nella presente un mezzo riscontro. Sarò più prolisso a Spoleto, se là vi piacerà dirigermi una risposta. Parto dopodimani 16 corr[ent]e per quella bella capitale dell'Umbria, dove
     
      Si sta male malati, e peggio sani:
     
      presso a poco come a Fermo di scura memoria. E pure a Fermo dovrò andare, nell'anno venturo. Se non vi crepai nel 1820 vi schiatterò nel 31. - Ma per ora parliamo del bel paese delle Spole. Venerdì sarò là, e vi resterò alcuni giorni tanto che le cose da fare sian fatte; e spero con qualche fondamento che le non sien molte. Poi retrocederò a Terni; e lì dimorerò un altro pochetto per assistere al parto certe mie faccenduole, la cattiva gravidanza delle quali sembra predire aborto o feto mostruoso. Oggi sono a Roma e quì come lì e là sono e sarò
     
      Vostro aff[ezionatissi]mo amicoGiuseppe Gioachino Belli
     
      P.S. - Mi accorgo di errare ne' pronomi. Voglio ristudiare questa parte del discorso.


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Lettere a Cencia
Volume Primo e Secondo
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 246

   





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