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      Fra i nomi de' soprannotati miei creditori, notati tutti in rubricella del libro mastro, ne avrete trovato uno scritto in carattere più cancelleresco che gli altri. Ciò indica, secondo il sistema della mia contabilità, che su quel nome ha da cadere scrittura doppia. Animo dunque. Come sta Matildina? Ama il suo soggiorno claustrale? Vi resta non oltre al tempo carnevalesco? Ve la lasciate di più? Tante interrogazioni puzzano un po [sic] di curiosità de' fatti altrui; ma io tengo sott'occhio la vostra lettera dell' 11 settembre, e vi trovo scritte queste parole: in seguito saprò dirvi qualche cosa di più positivo su questo punto. Voi dunque autorizzaste la mia ficcanaseria: voi pagatene oggi la pena, e parlate.
      Andiamo adesso al conto di Ciro. Esso gode sempre di robustissima salute; e non so se vi abbia mai detto che su questo proposito della sua fibra tenace lo chiamano il beduino, al che forse ancora contribuisce la fosca tinta della sua pelle. Non ha sortito certamente dalla natura le doti da venirne un vagheggino e un fustarello di latte e miele, di giglio e rosa. Quello va innanzi per la sua via come un corazziere della guardia del corpo, fermo di mente e duro di membra. Negli scorsi giorni gli ho mandato i partimenti di Fenaroli perché si addestri nel musicale accompagnamento. È un pezzo, mia cara Signora dacché nelle vostre lettere non è più parola della vostra salute. Intendo pertanto oggi di diffidarvi formalmente, chiedendovi con positive e chiare parole un ragguaglietto preciso del vostro stato sanitario, del quale tanto più m'interesso in quanto che in Roma avevate certe ubbie pel capo, dalle quali al certo non poteva derivarvi il beneficio dell'elixire campacentanni.


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Lettere a Cencia
Volume Primo e Secondo
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 246

   





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