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      Quelle massime, da altri credute prudenziali, sono riguardate da me come principii di ipocrisia mascherata. Qualunque sia il mio carattere, a me piace portarlo impresso in fronte. Ecco fuori dalle mie labbra il delitto da cui prende origine tutto ciò che accade attualmente, e che vi dà tanta pena. Evvi anche un'altra mia colpa, che voglio confessarvi, benché vivo persuasa che attirerà sopra di me maggiore vostro sdegno, anziché impetrarmi perdono. Io stimo la vostra amicizia un bene inarrivabile, e vado superba di mostrare che la possiedo. E fintanto che voi mi sarete amico, io procurerò di farlo conoscere all'intero universo. Questo principio mi animò quando scrissi quella lettera a Zina; ma ve n'è un'altra più forte, che riserbo dirvi un'altra volta. Il motivo che taccio mi autorizza a far palese a mia sorella anche porzione della vostra ultima lettera. Avete fatto benissimo scriverle quelle 50 [?] righe in vostra difesa. So per prova, che lettere così lunghe placano qualunque cuore. Eppoi il modo di pensare di Zina và così unisono col vostro, che fra voi non possono durare che pochi giorni gli sdegni. [strappo del foglio] [Amerei] (?) a questo proposito che rammentaste i discorsi che io vi faceva prima di portarvi a Loreto. Mille volte vi predissi che mia sorella [pote]va(?) incontrare perfettamente il vostro genio. Ed ogni momento vi [ripe]tevo, che quando aveste fatta la sua conoscenza, non terreste più [in] tanta stima l'amicizia mia. Ditemi dunque adesso: si è verificato il tutto?


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Lettere a Cencia
Volume Primo e Secondo
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 246

   





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