Eppure il Principe aveva, a modo suo, amata moltissimo la sua povera moglie. E forse appunto per questo egli era ora cosģ fedele alla memoria di lei e alla propria libertą.
Oltre a queste due sante cose, il Principe amava molto la sua bambina e il pensiero di darle una matrigna gli tornava odioso. Non gią che vivesse molto con lei o che attendesse egli stesso alla sua educazione. Ma gli era caro veder bazzicare per l'ampio dei grandi saloni quel nonnulla di bambina, quella cosuccia bianca, delicata, soave, che non voleva saperne di crescere, che nello studio non faceva grandi progressi e non era nč impertinente nč spiritosa, ma che veniva su adagino, lentamente come uno dei fiorellini esotici della serra e che voleva tanto bene a lui. Gli era caro, quando saliva a cassetta per condurre il tiro a quattro, veder la ragazzina andare in estasi e contemplarlo rapita, come avrebbe contemplato un re, seduto in trono. Una sola cosa gli dispiaceva; che la sua Camilla (Milla per amore di brevitą) fosse cosģ timida e paurosa. E il bello č che essa non diceva mai: ho paura. Ma come diventava smorta quando cominciava il temporale come tremava quando suo padre parlava di metterla in sella; che sgomento nei suoi occhioni amorosi quando egli aveva la crudeltą di pretendere ch'ella assistesse in giardino ad un esercizio di tiro colla carabina Flaubert! Decisamente Camilla non aveva in sč la stoffa di un'amazzone. E il Principe, dopo essersene un po' stizzito, finiva collo scusarla, considerando che gią.... veramente era un po' delicatina.
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Mia
Romanzo
di Ines Castellani-Fantoni Benaglio (alias Memini)
G. Galli Editore Milano 1884
pagine 180 |
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