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      - Bravo, Drollino, così va bene. Vieni subito. Ora, abbiamo gente - continuò animandosi - e il signor Duca sarà contento.
      Egli, freddissimo, s'inchinò ed uscì.
      Appena fu sotto al portico, si fermò; subitamente pentito. Cos'aveva fatto? Aveva accettata una nuova forma di schiavitù; ora non potrebbe più battere la pianura in libertà, diventava anch'egli un servitore come gli altri, un servitore del signor Duca. Sentì un impeto d'ira gonfiargli il cuore, e si voltò per tornare indietro, per andar a dire alla Duchessa che, assolutamente, non poteva. Ma quella strada da rifare gli parve difficile, troppo difficile. Fece un gesto d'ira, contro sè stesso. Giunto a casa sua, sellò Mia, e per molte ore del pomeriggio nelle più lontane distese dal pascolo, suonò concitato un galoppo che non s'allentava mai.
      Era venuto l'ottobre, e con lui gli ospiti attesi. Astianello diventava una villeggiatura alla moda. Tutti i giorni qualche gita, qualche divertimento; la servitù era sempre in moto, naturalmente.
      - Ecco - disse Battista, il cameriere del Duca, accennando una signora a Drollino dalla finestra del tinello - è quella là!
      - Ah! - disse Drollino semplicemente.
      - Bella donna, perdio! - continuò Battista. - Sett'anni, capisci! Ora naturalmente è finita, ma è curiosa però che sia venuta anche lei, eh?
      - Curiosa - ripetè Drollino. - È una bella donna, infatti.
      Era una bella donna veramente, sana, forte, attraente. In vece di dignità, la sua fisonomia possedeva un certo fascino pronto, ricco d'infiniti sottintesi d'espressione.


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Mia
Romanzo
di Ines Castellani-Fantoni Benaglio (alias Memini)
G. Galli Editore Milano
1884 pagine 180

   





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