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      - Ahimè! - disse poscia con un accento che anch'esso aveva un po' del burlevole, un po' del patetico. - Sapete cosa mi figuro in questo momento?
      Ella lo sapeva benissimo, e non si diede la pena di chiedere cosa fosse. Ed egli, per non lasciar morire il discorso, finì la frase così:
      - Mi figuro, il vostro boudoir granata e rosa.
      - Sciocchezze.... mio caro; quel ch'è stato è stato. Non è egli convenuto che voi siete per l'appunto il più felice degli uomini? E se mai, in vita vostra, avete fatto delle corbellerie, è giusto....
      - Ch'io le sconti, nevvero? - chiese Giuliano con un'amarezza d'accento che voleva esser patetica.
      Ella ebbe un maligno sorriso:
      - Ma, mio caro creolo, voi siete sempre stato molto indipendente, e avete voluto....
      - No.... non fui io, a volerlo - rispose stizzosamente - è stata mia madre.
      - Ah! - diss'ella.
      E lo guardò sorridendo, con quel sorriso che scopriva tutto quanto il lucido avorio dei suoi denti. In quella giornata grigia, piovosa, nella atmosfera cupa dell'antica sala da pranzo, il suo volto aveva una formidabile espressione di vita, di moto, che aizzava il sangue.... Giuliano si sentiva diventar vile, vile.... vile....
      Essa si mise a ridere, ma, nella direzione di quell'occhio azzurro, languido che la guardava ricordando, mandò un po' di fumo, che somigliava a un sospiro inebriante....
      - Olga - disse il Duca senza curarsi d'abbassare la voce - ditemi, oh ditemi che non tutte le corbellerie sono irreparabili, e che quella immensa, mastodontica ch'io commisi nel prender moglie.


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Mia
Romanzo
di Ines Castellani-Fantoni Benaglio (alias Memini)
G. Galli Editore Milano
1884 pagine 180

   





Giuliano Duca Giuliano