E dico cosí, non per riverenza servile a' tedeschi ed agli inglesi, ma per libero amore dell'arte e per desiderio che tu, nascente poeta d'Italia, non abbia a dare nelle solite secche che da qualche tempo in qua impediscono il corso agli intelletti e trasmutano la poesia in matrona degli sbadigli.
Questa è la precipua cagione per la quale ho determinato che tu smetta i libri del Blair, del Villa e de' loro consorti, tosto che la barba sul mento dará indizio di senno in te piú maturo. Allora avrai da me danaro per comperartene altri, come a dire del Vico, del Burke, del Lessing, del Bouterweck, dello Schiller, del Beccaria, di madama de Staël, dello Schlegel e d'altri che fin qui hanno pensate e scritte cose appartenenti alla estetica: né il Platone in Italia del consigliere Cuoco sará l'ultimo dei doni ch'io ti farò. Ma per ora non dir nulla di questo co' maestri tuoi, che giá non t'intenderebbono.
Tuttavolta, perché la massima della popolaritá della poesia mi preme troppo che la si faccia carne e sangue in te, contentati ch'io m'ingegni fin d'ora di dimostrartene la convenienza cosí appena di volo, e come meglio può un vecchiarello che non fu mai in vita sua né poeta né filologo né filosofo.
Tutti gli uomini, da Adamo in giú fino al calzolaio che ti fa i begli stivali, hanno nel fondo dell'anima una tendenza alla poesia. Questa tendenza, che in pochissimi è attiva, negli altri non è che passiva, non è che una corda che risponde con simpatiche oscillazioni al tocco della prima.
La natura, versando a piene mani i suoi doni nell'animo di que' rari individui ai quali ella concede la tendenza poetica attiva, pare che si compiaccia di crearli differenti affatto dagli altri uomini in mezzo a cui li fa nascere.
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