D'altronde se n'è giá parlato tanto e se n'è detto sí poco, e tanto pur se ne potrebbe dire, che a volerne degnamente discorrere non bastano i limiti dentro i quali ci serra l'occasione presente. Solo ti preghiamo, o lettore, di non interpretare sinistramente questo nostro silenzio e di crederci rispettosi davvero verso quegli ingegni, perché li crediamo in accordo coi lumi del secolo e non co' pregiudizi della ignoranza orgogliosa.
Il signor Ginguené scrisse in Francia l'intera storia della letteratura italiana. La conoscenza profonda, e rara oltremodo in un francese, ch'egli manifestò avere della lingua nostra e delle nostre lettere, l'amore sincero con cui ne parlò, le lodi che ci versò sul capo a piene mani gli meritano il tributo della nostra gratitudine. Ma se si pensa che il signor Ginguené scriveva il suo libro dopo l'anno 1810 ed in Francia, che è quanto dire un trent'anni dopo quello del Tiraboschi ed in paese piú illuminato del nostro, chi vorrá perdonare a lui la penuria di filosofia? Un uomo che, per quanto sembri internarsi colla veduta, guarda pur sempre la sola superfice delle cose, e ad ogni tratto ti esclama "bravo! bello!" senza mai arricchirti il capo d'una nuova idea che ti faccia sentire la ragione delle sue lodi, non è l'uomo del secolo, non fa piú per noi.
Vi ha nondimeno in Italia una certa legione di lettori che potrebbonsi chiamare i traineurs dello spirito umano, come i francesi chiamano i traineurs dell'esercito(23) que' soldati che, o per viltá o per fiacchezza o per altra ragione, restano indietro nelle marce e non arrivano che un buon pezzo dopo il grosso delle truppe.
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