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      E però giudica che in faccia al pubblico non abbiano diritto di disputare intorno a cose letterarie che le sole persone d'incolpabile morale.
      Ma questo parlar di diritti, quando prevale assoluta in contrario la prepotenza de' fatti, sa dell'inutile all'autore. Quindi, lasciate le teorie astratte, si dá egli a tessere la storia delle contese letterarie degli italiani, incominciando da quelle che nel decimoquinto secolo il Poggio ebbe con Francesco Filelfo e Lorenzo Valla e Giorgio di Trebisonda, ecc. ecc., e scendendo giú fino a quelle tra'l Parini ed il padre Branda, tra'l Baretti ed il Bonafede, e ad altre ancor piú recenti.
      L'intenzione dell'autore, nel riandare tante epoche di scandalo e tanti aneddoti, com'egli dice, di "contaminazione", è quella di dimostrare che i letterati d'Italia nelle loro controversie declinarono pressoché sempre dall'ingenuo fine di esse per servire ad interessi ed odii personali; e che, cosí facendo, rivolsero a vero danno della sapienza quel mezzo medesimo che par piú destinato a favorirla.
      Egli confessa che alcuni pochi de' litiganti furono uomini per altro ornati di molte virtú. Però deplora la trista consuetudine italiana, che talvolta induceva a traviamento anche i buoni (fu per noi una vera consolazione il vedere nel breve elenco di questi ultimi il nostro Parini). Poi fa notare quegli altri che da semplice esuberanza di bile o da semplice invidia della fama altrui furono mossi a svillaneggiare i loro rivali (e qui l'elenco cresce assai in lunghezza). Finalmente stabilisce per muovente massimo delle inimicizie letterarie nei piú l'interesse pecuniario (e qui, se pure è lecito scherzare sulle umane miserie, la lista par quella delle belle tradite da don Giovanni).


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Scritti critici e letterari
di Giovanni Berchet
Laterza Bari
1912 pagine 282

   





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