E chi ama la patria davvero, s'irrita delle turpitudini de' suoi concittadini; e mentre che il vile adulatore blandisce il vizio che trionfa, l'onest'uomo mena apertamente la sferza e s'acquista fama nella posteritá.
Dicendo candidamente essere inutile per noi l'ultima parte dell'articolo della Rivista, non voglio tacere che molte ingegnose osservazioni s'incontrano nella illustrazione che accompagna l'episodio di Francesca da Rimini e gli altri frammenti. Ché anzi la riporterei volontieri, se mi bastasse spazio, onde accrescere probabilitá al sospetto formato da alcuni che l'estensore dell'articolo su Dante non sia un inglese, bensí la persona da me indicata piú sopra. Chi per qualche tempo praticò dialogo con un letterato, vede sovente negli scritti ulteriori di lui rivivere molte delle idee giá corse nel dialogo. Cosí gli scritti del dotto richiamano soavemente alla memoria de' suoi amici lui medesimo e la sua conversazione.
Le considerazioni della Rivista d'Edimburgo intorno al poema di Dante mi sembrano lodevoli, come appare dal complesso del presente articolo. Ma, senza derogare al merito loro, crederò di far cosa grata a chi non avesse letto il libro del signor Sismondi sulla Letteratura del mezzogiorno d'Europa, dando loro in altro numero del Conciliatore un breve estratto della sua analisi della Divina commedia. Il signor Sismondi, mi sia lecito il dirlo, vide in quel poema un altro elevato concetto; e ve lo vide con rara profonditá di raziocinio, potenza di sentimento e tale felicità di fantasia, che gli riprodusse le sensazioni inspirategli dal poeta.
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