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      San Francesco e san Domenico avevano create nuove milizie religiose, piú entusiastiche e piú attive di quanti ordini di monaci esistessero per l'addietro. L'attivitá di quelle milizie, le prediche, le persecuzioni sanguinose, ecc. ecc., avevano rianimato lo zelo spirituale de' cristiani. Le lettere, rinate cogli studi religiosi, avevano pigliata una certa quale tinta scolastica. Il cielo, il purgatorio, l'inferno erano sempre sempre presenti all'immaginazione degli studiosi, dei devoti, del popolo, di tutta insomma la cristianitá. Vedevano i credenti quegli oggetti cogli occhi della fede, ma pur sotto forme materiali; tanto i predicatori s'erano per mille modi ingegnati di proporzionarli al concepimento popolare.
      Venne Dante. Pose mente a tutta la suppellettile poetica lasciatagli da' trovatori e dai trovieri ed alla popolaritá loro. Pose mente alle poesie de' siciliani ed alla popolaritá della loro lingua e de' loro metri. Pose mente allo spirito religioso, meditativo, teologico, scolastico del suo secolo, ed alla popolaritá di tutti gli argomenti desunti dalla fede. Vide che nessuno de' poeti moderni, che lo avevano preceduto, s'era giovato abbastanza dell'arte onde scuotere fortemente le anime, e che nessun filosofo era penetrato nei recessi del pensiero e del sentimento.
      Però Dante, consigliato dalla potenza del proprio intelletto e dal concorso di tanti materiali poetici che lo circondavano, pensò che questi, quantunque tuttavia informi, avrebbero potuto servire alla costruzione d'un edificio sublime insieme e popolare.


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Scritti critici e letterari
di Giovanni Berchet
Laterza Bari
1912 pagine 282

   





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