ANUSUYA. Questa mattina, compiute le mistiche cerimonie, i nostri eremiti pieni di gratitudine diedero commiato al re. Egli se n'è ito alla capitale, ad Hastinápura(46), dove, circondato da cento donne, ne' recessi del suo palazzo, chi sa se ancora serberá memoria della leggiadra sua sposa?
PRIYAMVADA. Datti pace: non temer nulla. Confida nell'onore d'un uomo gentile ed educato alla sapienza...
Ma un altro timore suggerisce a Priyamvada: - Canna è tuttavia lontano: nulla sa del matrimonio di Sacontala. Quando tornerá dal suo pellegrinaggio, che dirá egli? L'approverá? - Pare ad entrambe che sí; e continuano a raccogliere fiori per adornare i templi della dea delle nozze.
Intanto l'iracondo Durvasas, uno degli uomini santi dell'India, a cui la povera Sacontala, occupata da tutt'altri pensieri, trascurò di far le dovute accoglienze, grida terribilmente: - E che? Tu non rendi ossequio ad un ospite? Ebbene, ascolta la imprecazione mia. Quegli a cui meditativa tu stai pensando, quegli a cui ora è rivolto interamente il cuor tuo, quegli per cui trascuri una pura gemma di divozione che ti cerca ospitalitá, quegli, sí, quegli, a guisa d'uomo che, tornato sobrio, dimentica le parole pronunziate nell'ubbriachezza, non si ricorderá piú di te, non ti riconoscerá piú, allorché tornerai al suo cospetto.-
Anusuya corre per placare l'ira dell'uomo santo e gli si getta a' piedi; ma né preghiere né lagrime lo muovono interamente a pietá. Però risponde: - La parola mia è irrevocabile. Ma l'incantamento creato da essa andrá disciolto affatto, allorquando lo sposo mirerá l'anello posto da lui in dito alla sposa.
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