Forse è una malinconia che proviene in essi da qualche languida memoria di gioie passate; forse è l'ultima traccia di alleanze contratte in una esistenza anteriore. - Siede pensoso ed afflitto. I bramini, inviati a lui da Canna colla sposa, cercano udienza: sono intromessi. Durante la cerimonia del ricevimento Sacontala, velata il volto, trema incerta dell'esito. - Che donna è quella? La beltà sua splende in mezzo agli anacoreti siccome un bocciuolo fresco che verdeggia tra foglie ingiallite e passe. Ma non le togliete il velo. Ella pare essere incinta; e neppure io re deggio mirare in volto la moglie d'un altro. -
I bramini gli annunziano che quella è Sacontala, la sposa legittima di lui. Stupisce il re: gli pare strano che gli si parli di nozze. - Che favola è questa mai? - È levato il velo a Sacontala. Dushmanta la rimira, confessa che è bella; ma non la riconosce. - Per quanto io mediti, non mi ricordo d'avere sposata costei. Né io darò luogo mai nella mia reggia a donna che porti in seno la prole altrui.-
Sacontala gli rammenta il bosco sacro, gli amori, le nozze contratte. E quegli niega ogni cosa. - Ebbene, ti mostrerò l'anello che m'hai donato col nome tuo. - Ella si cerca su' diti l'anello. - Aimè, sventurata! Non ho più l'anello. - È cascato dal dito; lo ha perduto. La misera si dispera; narra altre circostanze che precedettero gli sponsali. - Falsità tutte! - grida il re - falsità femminili!
SACONTALA, irritata. Uomo vuoto d'onore, tu misuri dal tuo perfido cuore il mondo intero.
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Canna Sacontala Sacontala Sacontala Dushmanta
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