La carriera de' pubblici impieghi fu corsa onoratamente dal signor Ginguené fino all'anno 1802. Ogni cosa gli prometteva allora facile il conseguimento delle ricchezze e degli onori piú splendidi: bastava che avesse potuto desiderarli. Ma, sdegnoso egli del favore del nuovo governo, contrario affatto a' principi da lui professati con intima religione, non volle piegare il ginocchio innanzi ad un idolo politico che non era l'idolo della sua coscienza. Rinunziò quindi ad ogni impiego pubblico, e coll'anima incontaminata consacrò interamente la vita e l'ingegno alla letteratura. Negletto, dimenticato dal governo, detestato anche: se ne compiacque. Tutti gli studi suoi furono da lui rivolti all'utilitá de' suoi concittadini; e co' versi, con le prose, con le lezioni recitate al Liceo (ora Ateneo), procacciò di vieppiú sempre nobilitare l'intelletto e 'l cuore dei francesi.
Nell'ultima caduta di Napoleone venne fatta istanza al signor Ginguené perché celebrasse in versi il nuovo destino della Francia, tuonando irato contra i costumi dell'uomo precipitato dal trono. - Lascio questa cura - rispose egli - a coloro che lo hanno lodato. - E gli adulatori di Napoleone accettarono alacremente l'incarico che Ginguené rifiutava.
La candida onestá del signor Ginguené guadagnò a lui ne' crocchi delle persone piú savie e piú gentili della Francia un epiteto che gli fa onore, e che da gran tempo non va scompagnato mai dal suo nome:"le bon Ginguené". Innamorato della vita campestre, egli ne gustò lungamente tutta la pace; e da essa le sue maniere pigliarono molto di quella schietta ed ilare cortesia, che raddoppia i nodi dell'amicizia e che sola può placare l'invidioso dispetto con cui il volgo guarda d'ordinario chi ne sa piú di lui.
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