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      E infine non ne fecero niente; perché la marchesa, donna di giudizio, diceva che non bisognava darsene per intesi, e che sempre era succeduto cosí, e che sempre sarebbe succeduto l'eguale a chi scrivesse proprio come la pensava; e che poi bisognava contentarsi di chiappar la lepre col carro, e lasciar tempo al tempo. Ma quella elegia mi piacque tanto, che pregai di darmene una copia. Ed ebbero la bontá di esaudirmi. Ed ecco, è l'elegia seguente. Peccato che non l'abbiano messa sul Caffé!
     
      ELEGIA COMICO-SERIA ED IN PROSA
     
      Vieni colla querula lira, o bionda Elegia; e sparsa di lagrime sciogli le chiome...
      - No, no; questa prosa somiglia troppo i soliti versi: cominciamo di nuovo. -
      Fa' la toelette una volta, o vecchia Elegia, se ti restano chiome.
      E se, dai mille anni in poi che tu spandi i torrenti delle tue lagrime sulle arcadiche cetre, ancora te ne rimane una stilla, vieni, o pietosa, nel caffé di Demetrio(61) ad imprestarmela per tante disgrazie.
      Chi sará mai cosí dotto aritmetico da poter numerare tutti i miei nemici? Chi sa dirmi donde l'odio, gli strapazzi, gli sdegni contro di me, che non gli ho veduti pur mai!
      Ignoro il mio delitto. Studiando, scrivendo, operando col coraggio dell'onestá, ho forse violati gli altari, tiranneggiata la patria, venduta l'innocenza?
      Ho forse offesi tutti coloro che scrivono ed operano senza il coraggio dell'onestá? Oh! condonate l'errore giovenile: io sognava Lacedemone, ed era in Babilonia!
      - Ahi! ahi! ahi!... - ho sclamato tre volte per riverenza delle nove muse, quando vidi l'atroce spettacolo!


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Scritti critici e letterari
di Giovanni Berchet
Laterza Bari
1912 pagine 282

   





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