Consegnata a poemi, a tragedie, a commedie, a romanzi (o romanze), a canzoni popolari, la memoria di lui, somigliante a quella di Achille, ebbe la fortuna di scuotere fortemente ed occupare la fantasia. Ma l'eroe castigliano, superiore al greco per coraggio e virtú, ebbe la sventura di non trovare un Omero che lo celebrasse.
E come trovarlo a que' tempi, ne' quali il rozzo cantore si pose a comporre il poema? Con una lingua informe tuttavia, dura nelle sue determinazioni, viziosa nella sua sintassi, nuda di tutta coltura e di tutta armonia, in mezzo alla generale abitudine ad uno stile pieno di pleonasmi, con un verseggiare incerto nella sua misura, com'era possibile mai il produrre un'opera di vera poesia? Nell'invenzione, ne' pensieri, nell'espressione di essi, e specialmente in certa ingenuitá(71) di descrizioni, scorgiamo, è vero, qualche indizio d'intenzione poetica per parte dell'autore; ma, preso in totale, il Poema del Cid è da considerarsi come una curiositá filologica piú che altro. Chi sia stato l'autore di questo primo vagito della poesia castigliana, è ignoto.
Nel secolo susseguente vissero due poeti, le opere dei quali lasciano apparire giá alcuni progressi fatti dalla lingua. Don Gonzalo de Berceo e Giovanni Lorenzo Segura, l'uno nelle sue poesie sacre in versi alessandrini, l'altro nel suo poema De Alexandro magno, superarono anche di qualche grado l'arte del cantore del Cid. Quelle del primo, per altro, non sono che preghiere, regole fratesche, leggende di santi, che manifestano nell'autore il monaco benedettino piú che il poeta.
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