Però la poesia pochi ebbe che la coltivassero allora: i piú erano intenti alle opere della spada e non della penna. Giovanni Ruiz, arciprete di Hita; l'infante don Giovanni Manuele, autore del Conte Lucanor; l'ebreo don Santo, e Ayala il cronista: ecco lo scarso numero de' poeti d'allora.
Fra le poesie di questi quattro autori è fatica perduta il volere rintracciare un'occasione di diletto estetico un po' prolungato. Quelle dell'arciprete sono, tanto o quanto, le piú degne d'essere conosciute dai filologi. Hanno per argomento la storia degli amori di esso arciprete, mista di apologhi, di allegorie, di novelle, di frizzi, di satire, ed insieme di cose di religione; e vi trovi, con istrano abuso di personificazioni, condotti a comparsa certi personaggi che non ti saresti mai figurato di veder camminare sulle gambe; come a dire, donna Quaresima, don Digiuno, donna Colazione, don Dí di grasso e, insieme a questa bella brigata, anche l'illustrissimo don Amore. Le forme estrinseche di tali poesie vantaggiano di poco quelle messe in mostra da' poeti anteriori.
Nell'atto che abbandoniamo agli scaffali delle biblioteche od alla curiositá degli eruditi ed alle meditazioni del filosofo tutte siffatte anticaglie, dalle quali, attraverso a un nuvolato interminabile d'inezie puerili, d'invenzioni e lepidezze fratesche, appena qua e lá sfavillano alcuni pochi lampi di giusta inspirazione, crediamo di dovere avvertire il lettore studioso che, a volere ricercare la vera origine, le prime e vere tracce d'un'ingenua e sentita poesia in Ispagna, gli bisogna rivolgersi a tutt'altro armadio.
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