Se nella scrupolosa sua onoratezza il governo ha creduto di dovere accondiscendere financo ad alcune esigenze o astute o meticolose, e di dover financo deviare dallo stesso andamento logico, ponendovi ad un tratto due quesiti, voi, o lombardi, dovete rispettare in esso il buon volere, ma stare altresí bene all'erta e non lasciarvi abbindolare da quei sofistici arzigogoli, che, sotto la finta larva d'una legalitá mal definita e mal definibile, potrebbono essere susurrati all'orecchio vostro.
Nel primo quesito, il piú prolisso, vi è domandato se volete immediata fusione col Piemonte, usando, in far ciò, di tutte quelle cautele che pongono in sicuro il piú ampio godimento della libertá da voi conquistata.
Nel secondo quesito, il meno prolisso, v'è domandato se voi volete continuare nello stato presente fino a guerra finita.
Farei troppo torto, o lombardi, al vostro buon senso, se perdessi tempo a dimostrarvi che la salute vostra sta nel rispondere francamente di sí al primo quesito.
Per poco che voi ci pensiate, vi sbalzerá evidentissima alla mente l'inconseguenza del secondo quesito, il quale, contraddicendo a tutte le conseguenze logiche dei motivi del decreto, v'invita a lasciar stare le cose come le stanno, vale a dire nell'anarchia, nell'agitazione, nell'impotenza a difendervi dai tanti pericoli che da tante parti vi minacciano; il che non a altro riuscirebbe da ultimo se non a far ridere in cuor dell'Austriaco l'agognata vendetta ed a trascinar voi alla totale rovina, alla distruzione di quella indipendenza che avete comperata col sangue e colle barricate della generosa Milano, di Milano, l'audacissima delle cittá battagliere.
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