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      La crisi dell'anarchismo è evidente. O la botte vecchia resisterà al vino nuovo, o il vino nuovo cercherà una botte nuova.
      Il feticcio dello stato(4)
     
      Gli articoloni e gli articolini che la stampa socialdemocratica e quella stalinista dedicano al corporativismo fascista mi hanno fatto pensare ad una figura del famoso affresco di Benozzo Gozzoli, nel camposanto di Pisa, che ha per titolo: Leggenda di Noé. Una donna, dinanzi all'oscena nudità di Noé, si copre il viso con la mano... ma tiene le dita aperte.
      Che certi socialisti, certi repubblicani, certi comunisti siano radicalmente avversi alla «riforma corporativa», quasi quanto noi lo siamo, è credibile, anzi certo. Ma questo assoluto prevalere della critica antifascista sull'equivocità e sull'insufficienza del corporativismo fascista dimostra come pochissimi sono coloro, fuori dal campo nostro, che di quella riforma rigettano non solo il carattere contingente ma anche le premesse teoriche e le storiche conseguenze.
      Quando è Salvemini, liberale-autonomista, che critica il corporativismo fascista la sincerità è indubbia; ma quando sono dei feticisti dello Stato e del socialismo di Stato è legittimo pensare che alla demagogia esaltatrice dei fascisti faccia riscontro una demagogia denigratrice di antifascisti aspiranti alla realizzazione di un corporativismo, certamente diverso da quello fascista nelle funzioni sociali, ma a quello affine nelle forme totalitarie, accentratrici e burocratiche. In una intervista con L'Italia del Popolo (Parigi 20 luglio 1929) il prof.


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Umanesimo e anarchismo
di Camillo Berneri
pagine 88

   





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