E Blum ha riconosciuto esplicitamente che in queste forme fasciste, c'era gią una trasformazione, probabilmente necessaria, del capitalismo stesso prima che si possa arrivare a una fase veramente socialista della produzione e della ripartizione».
Il socialista Max Bonnafous, commentando quei discorsi, parlava dello «stato corporativo» come di una terra inesplorata che i socialisti francesi dovrebbero scoprire e fare propria.
Che i socialisti francesi non abbiano capito niente del fascismo italiano spiega un po' questi atteggiamenti, ma č certo che l'idea del corporativismo come «forma intermedia» preparante il passaggio dal capitalismo al socialismo di Stato, č prevalsa nell'ultima conferenza della Seconda Internazionale.
La critica comunista fonde, tendenziosamente, il corporativismo fascista con quello socialdemocratico, ma č evidente che una profonda divergenza tra i due corporativismi non č visibile, dato che tanto l'uno che l'altro partono da due idee centrali: necessitą di un preminente intervento statale per l'organizzazione della vita economica in piano nazionale; funzione di composizione di interessi contrastanti affidata allo Stato.
Luigi Fabbri, in un suo ottimo articolo (Studi Sociali, 4 dicembre 1933) rileva che Arturo Labriola ha, in un suo recente articolo, identificato il socialismo con l'economia organizzata «alla quale si riduce (secondo Labriola) il corporativismo fascista, l'autarchia nazional-socialista, l'industria controllata di Roosevelt» e spiega che il socialismo vero č... l'anarchismo.
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