Si taglia alle radici, a un tempo, qualsiasi sogno di redenzione sociale, si soffoca sinanco la fede negli istinti democratici, questa fede fondata sulla tesi di fondamentale identità fra gli uomini e su di un ragionevole ottimismo sulla natura umana».
Non ho mai tollerato senza reagire certi atteggiamenti... nietzschiani di taluni individualisti, destinati a finire segretari di Camere del Lavoro o peggio, ma, d'altra parte, non ho mai lucidate le scarpe al proletariato «evoluto e cosciente», neppure in comizio. E non capisco il linguaggio aulico dei bonzi bolscevichi. In un articolo (cito un esempio tra mille) di Azione antifascista (giugno 1933), leggo che Gramsci è un'anima proletaria. Dove ho udito quest'espressione? Frugo nella memoria. Ah, ecco! Fu a Le Pecq, mentre in costume e in fatica da manovale muratore mi aveva sorpreso uno dei «responsabili» comunisti. «Ora la puoi conoscere, Berneri, l'anima proletaria!». Così mi aveva apostrofato. Tra una stacciatura di sabbia e due secchi di «grossa» riflettei sull'«anima proletaria». E come sempre, a chiarire il problema sorgevano, dalla memoria del cuore, i ricordi. I primi contatti con il proletario: era lì che cercavo la materia della definizione. L'«anima proletaria» non la trovai. Ritrovai i miei primi compagni: i giovani socialisti di Reggio Emilia e dintorni. Vi erano dei cuori generosi, delle menti aperte, delle volontà tenaci. Poi conobbi degli anarchici. Torquato Gobbi mi fu maestro, nelle sere brumose, lungo la via Emilia, sotto i portici che risonavano dei miei tentativi di resistere alla sua pacata dialettica.
| |
Camere Lavoro Azione Gramsci Le Pecq Berneri Reggio Emilia Gobbi Emilia
|