Vi fu, e purtroppo vi è ancora, una retorica socialista che è terribilmente ineducativa. I comunisti contribuiscono, più di qualsiasi altro partito d'avanguardia, a perpetuarla. Non contenti dell'«anima proletaria», hanno tirato fuori la «cultura proletaria». Quando morì Lunaciarskij fu detto, da certi giornali comunisti, che «egli incarnava la cultura proletaria». Come uno scrittore di origine borghese, erudito (e l'erudizione è il capitalismo della cultura), alquanto prezioso come il Lunaciarskij potesse rappresentare la «cultura proletaria» è un mistero analogo a quello della «ginecologia marxista», termine che ha scandalizzato perfino Stalin. Le Réveil di Ginevra, insorgendo contro l'abuso dell'espressione «cultura proletaria», osservava: «Il proletario è, per definizione, e molto spesso in realtà, un ignorante, la cui cultura è necessariamente limitatissima. In tutti i campi, il passato ci ha fatto eredi di beni inestimabili che non potrebbero venire attribuiti a questa o a quella classe. Il proletario, lui, rivendica anzitutto una più larga partecipazione alla cultura, come a una delle ricchezze delle quali non vuole essere più privo. Dei sapienti, degli scrittori, e degli artisti borghesi ci hanno dato delle opere di un'importanza emancipatrice; invece, degli intellettuali sedicenti proletari ci cucinano dei piatti spesse volte indigesti».
La «cultura proletaria» esiste, ma essa è ristretta alle conoscenze professionali e all'infarinatura enciclopedica raffazzonata in disordinate letture.
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