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      Opera di educazione classista sarebbe stata quella di ricordare che i milioni dati alla protezione delle industrie parassitarie venivano estorti nella massima parte alle altre moltitudini lavoratrici d'Italia. Gli anarchici si sono lasciati fuorviare dai socialisti che, per ragioni demagogiche, rinunziarono a quella giusta e bella intransigenza dei tempi in cui l'elettoralismo, il mandarinismo e il collaborazionismo con la borghesia non erano ancora trionfanti. Agli industriali liguri, che licenziavano tremila operai e minacciavano di licenziarne entro un mese ventimila, se il governo non avesse rinunziato a diminuire i premi alla marina mercantile, l'Avanti! allora diretto dal riformista Leonida Bissolati rispondeva:
      «Gli operai sanno che i milioni dati alla protezione dell'industria navale sono estorti nella massima parte alle altre moltitudini lavoratrici d'Italia; e perciò, si rifiutano di formulare il desiderio che continui uno stato di cose, in cui il pane degli operai di una regione sia pagato colla fame dei lavoratori del resto d'Italia» (Avanti!, 24 gennaio 1901).
      A quali degenerazioni sia giunta la collaborazione operaia-padronale nei centri industriali lo dimostra il fatto che elementi cosiddetti rivoluzionari inscenarono agitazioni per ottenere dal governo lavoro per l'industria di guerra. Così, ne scriveva il Salvemini, sull'Unità dell'11 luglio 1913:
      «La Camera del Lavoro di Spezia, amministrata da sindacalisti, repubblicani e socialisti rivoluzionari, ha promosso uno sciopero generale.


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Umanesimo e anarchismo
di Camillo Berneri
pagine 88

   





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