Il ruolo degli anarchici nella rivoluzione russa, in quella germanica e in quella ungherese è materia, quando lo è, di un paragrafo, mentre lo sarebbe per più di un capitolo: superficialità e tendenziosità che si rivelano in tutta la storiografia contemporanea più in voga, e della quale hanno fatto mostra, trattando delle vicende spagnole, anche alcuni dei più valorosi scrittori di Politica Socialista e dei Quaderni di G. L. Chi ha partecipato alla lotta politica e sociale in Italia dal 1911 al 1921 non può ignorare che gli anarchici, specialmente in seno alla Confederazione Generale del Lavoro e mediante l'Unione Sindacale Italiana, hanno avuto un ruolo preponderante in talune circostanze, e costantemente notevole. A Torino, il leader effettivo della F.I.O.M. era l'anarchico Garino; nel Carrarese, l'uomo più popolare tra il proletariato era Meschi; a Roma, contava più l'influenza di Stagnetti e di Diotallevi di quella dei deputati socialisti; ad Ancona, bastava che un umile manovale quale il Cecili girasse per le banchine del porto, le braccia incrociate, perché tutto il traffico portuale fosse paralizzato.
Uno dei più singolari aspetti dell'anarchismo è quello di possedere uomini che esercitano un fascino sulle masse che compensa la scarsezza numerica e tutte le altre insufficienze del movimento. Flores Magon al Messico, Malatesta in mezzo mondo, Makno in Ukraina, Landauer e Mühsam in Germania, Luisa Michel in Francia hanno meritato di essere considerati dal nemico come era considerato Blanqui dai Versagliesi: un uomo più potente di un reggimento.
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