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      Noi riaffermiamo ostinatamente che «urge ripensare i problemi di una società libera o, meglio, di una società che si sviluppa nel senso di una sempre maggiore libertà, in relazione alle nuove forme di produzione e alle grandi esperienze del nostro tempo. Urge, cioè, diventare libertari del Ventesimo secolo».
      E questo non perché Proudhon, Bakunin, Kropotkin, Malatesta siano da gettarsi in un canto; ma perché essi non poterono né prevedere né vivere tutto quello che noi vediamo e viviamo in fatto di tecnica e di economia e sopratutto di esperienza sociale, morale, politica.
      Le forme e le formule che si addicevano agli artigiani del Giura o ai mugiki della Russia o ai braccianti del Beneventano non si addicono evidentemente agli operai della Fiat e di tutta la grande industria moderna. I mercati nazionali e mondiali chiedono ben altra coordinazione e disciplina dei mercati locali del secolo scorso. La radio, l'aeroplano, la grande stampa, la velocissima circolazione delle cose e delle idee rendono sempre più debole e vacuo ogni federalismo solo o sopratutto territoriale; mentre la potenza degli Stati totalitari e delle armi moderne costringono a concepire in modo ben altrimenti complesso i processi rivoluzionari e i fatti insurrezionali.
      L'anarchismo tradizionale, troppo fisso agli schemi e alle esemplificazioni celebri dei maestri, fatica a prendere contatto con le nuove realtà, e anziché ripensare ex novo i problemi di pratica organizzazione tenta aggiornamenti e integrazioni quasi sempre inadeguati o impossibili.


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Umanesimo e anarchismo
di Camillo Berneri
pagine 88

   





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