Gridi «a morte!» la folla proletaria, e l'approvi e la inciti l'Humanitè, contro il borghese omicida, ma noi no. Noi no, mai. Deterministi e umani, difenderemo la folla degli scioperanti linciante il padrone, il crumiro, il gendarme, la difenderemo in nome dei dolori da essa sofferti, delle umiliazioni da essa patite, della legittimità dei suoi conculcati diritti, del significato morale che quella collera racchiude, del monito sociale che quell'episodio sprigiona, ma se quello stesso borghese uccide, dominato dall'ossessione gelosa, travolto da un impeto di sdegno, non saremo noi a infierire soltanto perché egli è nato e cresciuto in un palazzo invece che in una stamberga. Noi spiegheremo come la vita borghese sia corruttrice, denunceremo il peso deformante dei pregiudizi propri della borghesia, faremo, insomma, il processo alla borghesia e non al singolo borghese. La filosofia della cronaca, nella quale eccellono giornalisti di quotidiani democratici, è insufficientemente sviluppata dalla stampa di avanguardia appunto perché non si vuole uscire dall'angusta visuale classista che consiste nell'accanirsi sul borghese, sul militare, sul prete, ecc., dimenticando l'uomo. Come sarebbe educativa una filosofia sociale dei fatti di cronaca!
Ecco un prete arrestato per reato sessuale. L'anticlericalismo grossolano si getta sul prete. La casistica giudiziaria e i libri sulla mitomania imporrebbero la giustizia della riserva. È egli colpevole? Ma certo che lo è, dato che utilissimo è questo scandalo per la laicità della scuola, per la cacciata delle congregazioni, per il.
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