Chi dà colpi di piccone contro il privilegio è l'uomo della rivoluzione. Chi partecipa alla soluzione dei problemi della produzione e dello scambio con sicura competenza, con maturata esperienza e con onesto animo è l'uomo della rivoluzione. Chi dice chiaramente il proprio pensiero senza cercare applausi e senza temere le collere è l'uomo della rivoluzione.
Il nemico del popolo è il politicante, il parolaio che esalta il proletariato per esserne la mosca cocchiera, che esalta i calli per dispensarsi dal farseli o dal rifarseli, che denuncia come contro-rivoluzionario chiunque non sia disposto a seguire la corrente popolare nei suoi errori e gli sviluppi tattici del giacobinismo.
Dittatura del proletariato è concetto e formula d'imperialismo classista, equivoca e assurda. Il proletariato deve sparire, non governare. Il proletariato è proletariato perché dalla culla alla tomba è sotto il peso dell'appartenenza alla classe più povera, meno istruita, meno passibile d'individuale emancipazione, meno influente nella vita politica, più esposta alla vecchiaia e alla morte precoce, ecc. Redento da queste ingiustizie sociali, il proletariato cessa di essere una classe a sé, poiché tutte le altre classi sono spogliate dei loro privilegi. Che cosa permane allo sparire delle classi? Rimangono le categorie umane: intelligenti e stupidi, colti e semi-incolti, sani e malati, onesti e disonesti, belli e brutti, ecc.
Il problema sociale, da classista, si farà problema umano. Allora la libertà sarà in marcia e la giustizia sarà già concretata nelle sue principali categorie.
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