Si emancipano con una professione libera. Sono laureate, sono artiste, non operaie. Se non vogliono figli sono esperte nel neo-malthusianismo. Se ne hanno, si liberano dal peso della maternità dando i figli a balia. Se rimangono incinte da ragazze, possono piantare la famiglia ed affrontare il fariseismo sociale, perchè dispongono di mezzi finanziari, di una professione, o di amicizie utili. Non è ancora scritto il romanzo che abbia per protagonista la garçonne povera.
E questo perchè la garçonne povera è comune. È la ragazza che l'officina od il laboratorio invecchia anzi tempo. È la servetta che abbandona il villaggio per la metropoli. È la giovane donna che, al primo passo verso la sincerità passa per leggera, che, se è madre, vede chiudersi le porte delle case timorate o delle fabbriche moderne. È la giovane donna, che se non trova lavoro, cerca l'appoggio che la porta a vendersi.
Ma la garçonne servetta gravida, respinta dai suoi, cacciata dai padroni, disoccupata, la garçonne che batte a tanti usci e sale a tante scale, la garçonne che vuole vivere lavorando e non può, è troppo comune. Non ha letto fisiologie dell'amore, non ha frequentato corsi neo-malthusiani, non ha assimilato paradossi di sociologi e di filosofi, quindi non può sostenere tesi, non può risolvere brillantemente situazioni critiche, non può conservarsi libera senza affaticarsi ed imbruttire. Come si fa a farne una protagonista di romanzo, oggi in cui le giovanette dei romanzi ad alta tiratura hanno nudità sode e cesellate, discorsi disinvolti e colti, e tante altre qualità che le rendono interessanti?
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