Poco o nulla di tutto ciò serve al Petrarca. II sole per lui è un rivale innamorato, e alfine sconfitto; ma con qual grazia!
A lui la faccia lacrimosa e tristaun nuviletto intorno ricoverse;
cotanto d’esser vinto gli dispiacque.
Amore è un avversario chiamato in giudicio avanti il tribunale della ragione, un fiume non è un vecchio su l’urna, ma un messaggero, che va innanzi per veder Laura, piuttosto, e per annunziarle il venir del poeta. I fiori non sol risentonsi sotto al piede di Laura, ma pregan d’esserne tocchi.
Ma che diremo de’ subiti slanciamenti di quell’affetto, in tanti modi e con tanto impeto espressi?
Deh perché tacque ed allargò la mano,
che al suon di detti sì pietosi e castipoco mancò, ch’io non rimasi in cielo!
e altrove:
Aprasi la prigione ov’io son chiuso,
e che il cammino a tal vita mi serra...
e quel sì passionato:
Dolor, perché mi menifuor di cammino a dir quel ch’io non voglio... .
e quell’altro:
Lagrime triste, e voi tutte le nottim’accompagnate ov’io vorrei star solo... .
Converrebbe ridirvi gran parte di ciò che udiste, chi volesse di tutti i trasporti parlare di quella nobil passione, e così far dovrebbesi chi del suo stile intendesse di rendere piena ragione. Vero merito fu del Petrarca il creare per una poesia nuova una lingua e uno stile affatto nuovo, e sol proprio degl’italiani, dopo il suo esempio. I più nobili, i più gentili modi di dire, le grazie dell’elocuzione, le frasi insomma e l’espressioni poetiche, e proprie di lui e degl’italiani, tutte o poco meno a lui son dovute.
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