Distinte furon, com’era giusto, parecchie donne pur petrarchesche e poetesse, col lor volume, le quali oltre al titolo di divine riscuotevano dai poeti e dai letterati una specie d’adorazione. Un branco di raccoglitori petrarcheggianti le corteggiavano, recando libri di versi con titoli eccelsi di lagrime, di ghirlande, di templi, opere fatte ad onor loro. Noi non ebbimo a’ nostri tempi un tal onore tra le dame romane, onde più curiosamente cercammo di risaperne i nomi. Il Ruscelli, il Dolce, l’Atanagi, e molt’altri, che a ciascuna di loro porgean la mano, o sosteneano lo strascico e il manto, con gran rispetto le nominarono: Vittoria Colonna, Veronica Gambara, Tullia Arragona, Gaspara Stampa, Tarquinia Molza, Lucia Avogadra, Laura Terracina, Chiara Matraini, Laura Battiferra, e seguivano pur nominando, se non che dissi bastar queste, che già pareggiavano le nove muse, altrimenti veniva a farsi un intero parnaso femmineo, a gran pericolo dell’autorità dell’antico. In altra parte avanzavansi pur drappelli, a guisa di stormi, di poeti, ed erano adunanze, accademie, arcadie, or di città, or di provincie diverse: veneziani, pavesi, bolognesi, bresciani, napoletani, de’ quali soli v’avea molti volumi e tutti eccellentissimi intitolati. Ciascuna di così fatte compagnie veniva armata d’un formidabile canzoniere con simboli, allegorie, imprese, iscrizioni, emblemi, e tutto era ad onor del Petrarca, e sotto gli auspìci e il dettato di lui. Altrove un nuvolo d’altri, che settecentisti dicevansi, e vanto si davan d’aver risuscitato il petrarchismo dall’obblivione dopo un secolo d’inondazione barbarica e rovinosa.
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