Che se vogliono un luogo tra poeti, abbian l’ultimo nella classe de’ Tassi tradotti in bergamasco, bolognese, veneziano ecc., che, dove intendonsi, dan più gusto che molti lirici contegnosi non fanno.
La Secchia rapita conservisi eternamente, dopo fatteci alcune correzioni.
Il Ditirambo del Redi sia l’unico ditirambo italiano. Noi latini ne fummo senza, né ce ne duole.
Di poesie che voi chiamate bernesche, il men che si può, e tutto ottimo. Facile è nauseare volendo far ridere. Vivano dunque alcuni pochi sonetti e capitoli del Berni, se ne formino alcuni pochissimi di ritagli presi dal Lasca, dal Firenzuola, dal Mauro, e da tutti i loro compagni. La Vita di Mecenate del Caporali, e l’Esequie, ma molto accorciate; e non più di berneschi.
Di satiriche ancor meno che d’ogni altra cosa facciasi conto. Un Orazio o un Giovenale già non avete, né alcuno che lor somigli. La lingua italiana non sembra atta a questa poesia, e gl’italiani dan troppo presto all’armi. Il meglio è, dunque, che satire non abbiate, e state sani.
LETTERA DECIMA - AGLI ARCADI
Furono affisse più copie della Riforma qua e là negli Elisi pe’ vari boschetti a’ poeti italiani assegnati. I più antichi e più illustri di loro soffrirono in pace il giudizio severo intorno a loro fatto da noi; ma gli altri ne furono molto scontenti. Color soprattutto che se ne videro esclusi e neppur vi trovarono il nome loro, gran lamenti ne fecero, ed avrebbon più tosto voluto sostenere le critiche, purché vi fossero nominati. Non è cosa più grave a un poeta quanto il vedersi dimenticato.
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