E non era già il solo popolaccio, che fosse fuggito, ma sotto a quelle tende si videro delle teste illustri e gravi, che si raccomandavano l’anima non ben sicure che la terra non avesse ad aprirsi sotto a’ lor piedi. Ridete pure, che ne avete ragione, e concludete meco che l’Inghilterra ha i difetti dell’altre nazioni e che gl’inglesi somiglian gli altri uomini, e solamente se ne distinguono con la stravaganza maggiore e con più grandi eccessi.
Ma, con vostra pace, da questo fondo medesimo nasce un merito anche distinto, perché l’inglese letterato, in somma l’inglese rivolto al bene, è capace di cose grandi più che l’altre nazioni. Parliam delle lettere come cosa più amena. È vero che Milton è tutto inglese, cioè estremo, nelle mostruosità e nelle sublimità del suo poema; così pure è Shakespear, così molti, e, se non fosse bestemmia, nominerei anche Newton, non solo per l’Apocalisse da lui interpretata, ma per altre cose ancora. Stiamo, però, in poesia. Abbiamo dei Quarles e dei Withers(20), ve lo confesso, ma sapete voi che io non conosco il più perfetto, tra tutti gli antichi e i moderni poeti, di Pope? Trovo de’ difetti in Orazio, in Omero, in Virgilio, in Voltaire, nel Tasso, e nell’Ariosto, e non ne trovo in Pope, e lo metto sopra tutti, dopo che quest’uomo ha saputo abbellire e dar forza alle più alte insieme e più necessarie massime della morale dell’uomo, temperando mirabilmente la più bella poesia colla filosofia più pregiata. Egli ha renduto l’uomo migliore coi versi, che son lo stromento con che tanti lo rendon cattivo.
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