Questo ramo di commercio frutta in Venezia quanto quello de’ libri più dotti a Roma e a Parigi, avendo io avuta la curiosità di far sempre questi computi, che, presto o tardi, ponno essere utili in ogni paese. Ma — proseguiva egli — un altro bene produce questo, che io preferisco a quel del commercio, e che pochi conoscono. Vedete quanto ozio sia nell’Italia e insieme quanta vivacità. Non si sa come impiegarsi, e le Raccolte e la poesia, per lo meno, impiegano la metà della nazione che sarebbe senza essi oziosa e perciò scostumata e viziosa(23). Pazienza se v’ha tanti malvagi poeti, ma peggio sarebbe se fossero malvagi cittadini. Le loro cattive inclinazioni si sfogano in versi e in fanatismo poetico, che il ciel sa dove a finir verrebbono. Già lo vedete. Que’ che rubano strofe e terzetti, sarebbono ladri e taglierebbon le borse. Que’ che falsificano autori e testi, fariano moneta falsa. Que’ che raccolgon poeti e poesie, sarebbon forse alla testa d’una congiura. Chi fa una satira, fabbricherebbe un veleno, ognuno sarebbe uno scellerato e assassino, e, in grazia dei versi, è solamente un poeta cattivo. Ed è una fortuna che il parnasso italiano abbia tanti e sì diversi autori in ogni genere di poesia, perché, in tal modo, ognuno trova da soddisfarsi secondo il suo temperamento. Un furioso si fa seguace del Chiabrera o pur compone dei ditirambi, un malinconico divien petrarchesco, un sofistico studia Dante, un fantastico l’Ariosto, un insulso il Rota, uno sciocco il Burchiello e non v’è, in tutti i caratteri dell’uomo, un sol carattere, quantunque strano e pericoloso, che non possa trovare un poeta con cui collegarsi.
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