Bourdalouë fissò l’oratoria in Francia, Cornelio e Racine la tragica, Moliere la comica, e così degli altri. Ove sono i vostri Bourdalouë, i vostri Cornelii, i Moliere? Ma voi direte che questo prova aver voi una repubblica letteraria, e avete ragione, ma ella è tutta democratica, poiché il popolo, anzi la plebe letteraria, vi domina e dà leggi, seppure non è anzi un’anarchia, come di tartari e sciti, che vivono a caso e di rapina e non han leggi. Il che già io non dico per insultarvi, perché, poi, questo non toglie che non abbiate degli uomini eccellenti in ogni genere, e certo gli avete, ma per compiangere la trista loro situazione e per concorrere anch’io al disinganno de’ vostri compatrioti da qui a cinque o sei mille anni. Vi prego però a non guardarmi come nemico della vostra patria, in quella guisa che fu rimirato Rousseau dai francesi, e poi da tutti anche i mediocri letterati, per quell’altra bestemmia da lui con tanto ingegno esposta: «Che la scienza e l’arti sono nocive al bene degli uomini». Addio.
LETTERA QUINTA
Poiché vi piace sentir la mia opinione intorno alla disputa eccitata dal nostro amico Rousseau, io ve ne dirò quel che sento, senza uscire dall’argomento fissato tra noi, che è la letteratura italiana. Non può negarsi che sembra strano a prima vista il suo parere col qual sentenzia e condanna le arti e le scienze come sorgenti di vizi e di corruzione tra gli uomini, essendo sinora sempre stata in gran credito d’utilità e di buon costume la dottrina e lo studio di quelle.
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