Non è però meraviglia se, con tale opinione, destasse sì grande incendio, quest’uomo singolare nello scrivere e nel pensare, tra i suoi e tra i francesi, benché meraviglia esser debba come egli sia stato premiato dall’accademia di Dijon(29) per avere sì maltrattate le accademie e gli accademici. Io ho lungo tempo sospeso il mio giudizio, finché ho letto il pro e il contra di quella questione con gran diletto, a dire il vero, massimamente per la critica del re Stanislao(30) e per la risposta del cittadin di Ginevra a sua maestà: due combattenti l’un degno dell’altro. Infine ho dovuto tenermi al parere del cittadino e del privato incontro a quel del monarca, né credo avermi mosso punto a questa parzialità l’odio patrio contro la sovranità, essendo questo sovrano(31) un ottimo cittadino, e però più grande. Ora, pertanto, io son persuaso che sommamente più nuoca il sapere e lo studio alla virtù e ai costumi, di quel che giovi. Ma sapete voi quando ho dato l’ultimo crollo, e mi sono arreso alle ragioni di Rousseau? appunto quando ho conosciuta l’Italia letterata. Già mi faceva gran forza, siccome a lui, il vedere anche in Francia e in Inghilterra «come le scienze producono tante empietà, tante eresie, tanti errori e sistemi assurdi, tante contrarietà, tante inezie, tante satire amare, tanti sciocchi romanzi, tanti infami versi, tanti libri osceni; e il vedere ne’ coltivatori di quelle, cioè ne’ letterati, tanto orgoglio e tanta avarizia, tante malignità e tante cabale, tante menzogne e tante gelosie, tante calunnie e maldicenze, con tante vili e vergognose adulazioni». Con tutto ciò, il vedere anche uscire alla luce in que’ due regni, di tempo in tempo, de’ dotti libri pieni di soda religione e morale, l’uso delle meccaniche, i progressi della navigazione, il commercio, le leggi, ecc., questo un po’ mi traeva a protegger le scienze.
| |
Dijon Stanislao Ginevra Rousseau Italia Francia Inghilterra
|